La FAS alla conferenza delle donne a Francoforte

Donne che tessono il futuro.
La Rivoluzione Internazionale delle Donne. Francoforte, 6-7 Ottobre. La rete di donne Revolution in the Making organizza una conferenza internazionale di donne in lotta. Più di 500 donne si sono incontrate per tessere un futuro rivoluzionario: Curde, Turche, Afgane, Filippine, Egiziane, indiane, donne dei movimenti indigeni, del movimento di liberazione nera ed europee. Insieme per costruire una rivoluzione internazionale delle donne capace di generare un processo più ampio di rivoluzione sociale globale. Un incontro nato per esaminare i problemi sociali con gli occhi delle donne, per trovare soluzioni altre al patriarcato che riguardino i bisogni di tutte le classi oppresse in cui ogni donna vive e che può mobilitare. È stata un’occasione per scambiarsi esperienze tra i movimenti di massa extraeuropei, sviluppati già da decenni verso questa direzione, e le donne europee, perché tale prospettiva possa ampliarsi nei nostri contesti. Si è dichiarato il superamento del separatismo, limitato alla lotta delle donne per le donne e mancante di una visione politica sovversiva. Le donne non saranno mai libere in una società oppressa e una società libera non può considerarsi tale senza la liberazione delle donne, la principale propulsione per una rivoluzione, posto purtroppo in secondo piano dai movimenti rivoluzionari. È essenziale unire tutte le lotte con la lotta al patriarcato perché è un sistema strutturale che ha generato lo Stato, l’autoritarismo classista, il colonialismo, le gerarchie, le egemonie, il capitalismo e il militarismo ed è da combattere assieme agli uomini in una visione più ampia di Rivoluzione Sociale.
Con questi obbiettivi si sono messi in discussione i modelli rivoluzionari storici, soprattutto il marxismo e il socialismo reale, evidenziandone i forti limiti autoritari e il loro definitivo superamento. Lottare per la liberazione delle donne significa inserirsi in ogni fronte di lotta e allo stesso tempo costruire sistemi sociali alternativi in ogni campo: istituzioni d’autogoverno popolare per una società libera e confederata dal locale all’internazionale, come già avviene in diverse parti del mondo. Ma non basta nemmeno lottare insieme se non si combatte contro lo Stato introiettato dentro di noi: decolonizzando i corpi e le menti delle donne e degli uomini, scardinando strutture culturali interiorizzate nella nostra personalità nel corso della storia patriarcale e definendo nuove identità liberate. Questo è un patrimonio del femminismo decoloniale e del movimento delle donne curde utile per rifondare le relazioni umane in termini antigerarchici e su cui basare la trasformazione della società, liberandola da ogni forma di violenza autoritaria. Se non si trasformano le relazioni di potere all’interno dei movimenti e delle società ogni tentativo rivoluzionario cederà con lo stabilirsi della mentalità statalista e l’instaurazione di istituzioni totalitarie, nonostante gli intenti. Il modello libertario è stato considerato un riferimento valoriale e le esperienze, come la rivoluzione spagnola, sono un esempio di migliore risoluzione nella gestione del potere in quanto la società è condotta sulla strada dell’autogoverno.
Il termine Democrazia è stato rivalutato come il potere di ogni comunità di autoregolarsi in una democrazia diretta. Ma, a partire da una nuova prospettiva democratica da contrapporre alle dittature dei paesi extraeuropei, si vuole determinare un nuovo paradigma politico che oltrepassi il marxismo, l’anarchismo e la democrazia rappresentativa; diventando patrimonio di una nuova umanità per organizzare un’internazione democratica. Nonostante vi siano state poste alcune valutazioni ai limiti dell’attuale anarchismo, si pone a principio la libertà dell’individuo, la lotta all’egemonia e il decentramento del potere in una struttura confederata basata sull’autogoverno. Vari movimenti popolari sono capaci di mobilitare le masse sulla base di questi principi. C’è il rischio che l’anarchismo, non più parte attiva delle classi subalterne, venga percepito solo come una tradizione storica e settaria, lontana dai bisogni e dalla vita delle masse. Il grande potenziale sociale dell’anarchismo non si afferma come potrebbe, non mettendo sufficientemente in pratica l’ideale antiautoritario nella vita quotidiana, non riuscendo così a rifondare le relazioni umane e, di conseguenza, non riuscendo a determinare una rivoluzione sociale che tocchi ogni ambito della vita umana, non solo economica e amministrativa ma soprattutto emozionale. Ciò è una conseguenza del positivismo fallocentrico su cui si sono basati i movimenti rivoluzionari storici, che hanno distinto la ragione dal sentire allontanando gli individui dall’autoregolamentazione di sé e dei propri bisogni.
Il ruolo della donna è ricollocato al centro del processo rivoluzionario rivalutando l’empatia, l’intelligenza emotiva e la creatività come elementi radicali di sovversione. La volontà di recuperare il contatto con la società , sia nell’analisi che soprattutto nelle relazioni quotidiane, deve essere il motore del cambiamento. Le società da una parte vivono in una crisi strutturale del capitalismo e dall’altra si arricchiscono di culture che necessitano una convivenza eclettica, da cui può rinascere una soluzione di pace globale. In esse risiede un potenziale rivoluzionario che in molte parti del mondo è già in atto. “Revolution in the Making” definisce una rivoluzione delle donne che è già in corso. Il movimento delle donne curde ha ritenuto fondamentale connettersi ad ogni movimento delle donne nel mondo per rielaborare insieme un paradigma adatto al contesto attuale ed è in questo dibattito che è necessario inserirsi per rielaborare un anarchismo adatto al 21° secolo, fondato sull’ecologia sociale, sulla liberazione della donna, sulla decolonizzazione interiore, ma che mantenga i suoi distingui, non cedendo a retoriche istituzionali e riorganizzando l’autogoverno dei popoli.
Siria Comite
(tratto da Sicilia libertaria n. 388, novembre 2018)

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